Consigli di lettura: l’effetto Mr. Wu
Alcune opere di narrativa fanno ruotare il loro intero plot intorno ad un unico personaggio, il quale però non è propriamente il protagonista, e tantomeno il narratore. Questo tipo di personaggio, indiscutibilmente di quelli principali, può essere spesso il vero motore della trama, può essere descritto nel dettaglio meglio di tanti altri, può dare addirittura il titolo all’intera opera. Ma cosa accade se questo tipo di personaggio non compare neanche per gran parte della stessa?
In contesto cinematografico si chiama effetto Mr. Wu. Deriva da una omonima commedia cinese che ha subìto molti adattamenti al cinema, ed è l’espediente narrativo per il quale un carattere è citato spesso da altri personaggi, magari ben descritto, ma di fatto non si vede sulla scena sin quasi alla fine dell’opera.
Sebbene in letteratura questo strumento è utile a creare suspence, l’impatto visivo del teatro e del cinema aiutano a intensificare questo effetto: quando finalmente compare, lo spettatore sa già come si chiama e ciò che ha fatto il personaggio, ma rimane sempre stimolato da questa nuova presenza, a volte stupito dalla differenza rispetto alle proprie aspettative. È un metodo unico per creare un’attesa nei confronti di un colpo di scena che il pubblico sa di dover affrontare, ma finisce sempre e comunque per affrontarlo impreparato.
Come detto, Mr. Wu può dare il titolo all’opera, come accade per il Prigioniero di Azkaban. Grava spesso su di lui un alone di mistero, come per il colonnello Kurtz di Conrad. Può esser dato per morto e rispuntare alla fine come il povero Piero di Achille Campanile.
Sicuramente Mr. Wu, a differenza del suo collega-antonomasia Godot, prima o poi arriva.